Di chi muore, non importa a nessuno, chi resta presto dimentica, va avanti e si rifà una vita.
Ci dicono di pensare ai fatti propri, “vivi e lascia vivere”, che nessuno è indispensabile.
Tale è la volgarità del pensiero comune. Questa parte di mondo che chiamano Occidente corre veloce, non si ferma davanti a niente, assimila tutto ciò che incontra e spesso devasta.
La terra, l’acqua, le persone, le relazioni.
Tutto si tinge di squallore e desolazione.
Essere individui, autonomi, l’inganno di sentirsi liberi. Essere soli.
Frantumati e spezzati nell’affanno della vita quotidiana.
Essere soli e, solo, oggetti del potere, del controllo. Numeri senza storia e macchine, pezzi ricambiabili.
Questo, è un modo di pensare e di agire che mi fa ribrezzo.
Vogliono farci credere che sia l’unico modo possibile di abitare in questo mondo, ma non è così.
Tantissimi i segnali che ci dimostrano l’esatto contrario, quotidianamente, nel silenzio.
Un silenzio, troppo spesso, imposto.
Nel silenzio continuano a spegnersi le vite di donne e uomini che hanno respirato per anni, per varie ragioni e per nessun motivo logico, se non quello dell’interesse politico ed economico di altri, quella letale polvere che s’insinua nei corpi e nelle vite, fatalmente: la polvere di amianto.
La forza del movimento che rivendica giustizia per le migliaia di morti non causate da una cieca e innocente ignoranza e fatalità, sta proprio nel sentire l’urgenza di rompere il silenzio e, insieme, portare avanti una lotta e condividere il dolore.
Casale Monferrato è l’emblema della dignitosa azione collettiva e rivendicazione di giustizia contro la multinazionale svizzera dell’amianto, Eternit.
Molte altre città d’Italia e di altre parti del mondo (in alcune delle quali l’amianto continua ad essere estratto e lavorato), guardano al processo di Torino, iniziato il 6 Febbraio 2009 e che si concluderà il 13 Febbraio 2012, con la speranza che il verdetto finale possa favorire dei cambiamenti a livello internazionale.
Che l’istituzione comunale di Casale M. pensi e si accinga a firmare un accordo con chi ha perpetrato una sciagura umana e ambientale ai danni della città di cui dovrebbe essere portavoce, rappresenterebbe un ulteriore e grave atto di violenza.
La possibilità di contrattare non può e non deve essere sempre garantita: non ci si può liberare dalla responsabilità delle scelte fatte e rinegoziare la propria identità pagando 18 milioni di euro.
Se il Comune di Casale M., firmando l’accordo, rinuncerà a comparire nel processo come parte civile lesa e al diritto di intraprendere azioni giudiziarie future contro Stephan Schmidheiny, l’unica, ma grande, consolazione sarebbe quella che, nonostante l’abbandono istituzionale, i cittadini e tutti gli altri soggetti coinvolti in questa drammatica vicenda, non tornerebbero al silenzio e alla solitudine che rende vulnerabili.
Il silenzio per fortuna è rotto e non è più possibile.
L’istituzione comunale dovrebbe “solo” avere l’intelligenza di capire l’entità dell’errore che commetterebbe e le conseguenze, non solo simboliche, che potrebbero scaturire dalla violazione del patto di rappresentanza con in suoi cittadini.

Agata Mazzeo
Università di Amsterdam – Master in Antropologia Medica
Studiosa di questioni politiche e sociali
legate all’amianto e familiare di una vittima.

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3 Commenti to “Atto di voce”

  1. ignazio deriu ha detto:

    quanto mi sono reali queste parole!
    esattamente 7 mesi fà mia moglie è andata via dopo 16 mesi di incredibili dolori.aveva 57 anni. dal 1975 al 1983 aveva lavorato all’esposizione diretta all’amianto in una fabbrica in Sardegna. non so darmene pace.

    E’ proprio vero! il mondo “deve” andare avanti. non è possibile fermarsi e guardare indietro. ormai si vive “in proprio”. passato il dolore del giorno infausto, tutto ritorna come prima. tutto si dimentica. rimane “solo” il dolore e la rabbia di chi non è riuscito a fare niente per evitare una fine atroce alla persona a cui più tenevi.
    non so se esiste una legge a tutela delle vittime dell’amianto e dei suoi famigliari, spero proprio di si, almeno per onorare il ricordo di persone che hanno perso la vita a causa dell’egoismo e degli interessi economici.
    ignazio deriu viollasor

    • admin ha detto:

      Gentile Signor Ignazio
      Ha tutta la nostra condivisione e solidarietà per la perdita della sua Signora,per quanto riguarda la posssibilità di essere risarciti,bisogna vedere se a Sua moglie è stata riconosciuta l’esposizione professionale,tutto ciò doveva essere fatto ,in prima battuta,nel momento cioè della diagnosi da Medicina del lavoro della sua zona che doveva denunciarlo all’INAIL di competenza.S’informi anche presso il COR (Centro Operativo Regionale) del Registro mesotelioma della sua Regione .

  2. Raffaele S. ha detto:

    Mattino

    Mattino,

    s’ode nel bianco candore silente

    un urlo

    straziante

    una sirena violenta

    inizio turno

    ombre operose s’affrettano

    svaniscono,s’incontrano,scompaiono

    nella nebbia mattutina

    immersi

    nel male sieroso

    lavorano,muoiono

    combattono

    con le loro famiglie

    soccombono,

    nella nostra memoria

    solo il ricordo

    inizio turno

    Raffaele S.

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