Il diritto a non essere più confortati, Giuseppe Armenise, autore  del suo primo romanzo – Pane e amianto – ricorre ,per spiegarlo, a Pablo Neruda  :

“ Vivi nella mia assenza

come in una casa

E’ una casa sì grande l’assenza

che  entrerai dentro i muri

e appenderai i quadri nell’aria”

     

Il personaggio di Francesca, figlia di una vittima dell’amianto “ ne aveva abbastanza di conforto. Voleva che le fosse riconosciuto il diritto a non essere più  confortata. E voleva che questo diritto le fosse riconosciuto subito. Se la poesia ha un senso, il senso è quello di dilavare via i grumi del rancore. Spesso non è l’assenza che sentiamo, ma l’abbandono. E ne diamo colpa a chi se ne andato. Il papà di Francesca se n’era andato una mattina senza preavviso, con la stessa fatalità con la quale aveva affrontato ogni santo giorno a piedi la strada che separava la casa degli affetti dal lavoro delle certezze. Lungo la via aveva incontrato più volte, beffarda, senza che questa mai facesse le presentazioni, la trasfigurazione di una lusinga. Forte, seducente, infida lusinga. Lungo la strada, durante il lungo trascorrere della città che rotolava attraverso i binari della ferrovia dal quartiere Japigia a Madonnella, si era venuto formando lo spazio mentale dove albergavano insieme la sapienza del carnefice e l’intensità di slanci emotivi della vittima.”

girotondo di una città sopra un milione di vite. Fibronit per non dimenticareDa un episodio di cronaca, il caso della  Fibronit di Bari il cronista puntuale,  come se  volesse un effetto catartico lascia il posto allo scrittore,  racconta  “per non dimenticare”  la storia di un percorso d’amore, di denuncia, di dolore, di morte, ma alla fine di crescita e riscatto civile capace di affermarsi nonostante persino le vittime designate perché esposte ai veleni di una vecchia fabbrica d’amianto appaiano chi assente, chi addirittura ostile, preda di un misterioso ricatto che determina, apparentemente contro ogni logica, la sopravvivenza per oltre vent’anni di una discarica di rifiuti cancerogeni tra le case.

Ci racconta della crescita civile degli operai, dei cittadini, della consapevolezza che l’amianto non solo fa male , ma che uccide non solo le persone che ne vengono a contatto ma soprattutto i loro progetti di vita.

Dalla denuncia del caso Fibronit nasce un lungo percorso di riscatto civile e  di ricerca personale. C’è un misterioso patto che tiene insieme gli ex operai sopravvissuti  e il destino futuro dei suoli della fabbrica abbandonata. Un patto che affonda le sue radici nell’illusione del progresso. Tanti si sono legati a questa promessa convinti di poterne ricevere protezione, conforto e un futuro per i propri figli. Ma il patto è un imbroglio e insieme una maledizione, che colpisce soprattutto chi si dimostra più fedele e leale.

In tredici anni di storia, viaggiando tra Bari, Matera, Broni, Casale Monferrato, Torino, Lecco, Bergamo e Milano, si intrecciano le vicende professionali e umane di un gruppo di persone (il Giornalista, il Biondo, il Baffo, lo Smilzo, il Sornione, l’Assessore e il protagonista, voce narrante) :  lo zoccolo duro del Comitato Cittadino . In principio sospettose l’una dell’altra, vengono chiamate quasi inconsapevolmente a stringere una catena di amicizia e solidarietà per fare i conti con una città lontana, ostile e spesso rassegnata. Una città che non vuole vedere i rischi ambientali e igienico sanitari ai quali, se non si intervenisse presto con una bonifica, almeno altre due generazioni sarebbero consegnate al rischio amianto ,come i dati del C.O.R Puglia hanno evidenziato in questi anni.

Il mistero della Fibronit, alla fine, si svela solo grazie al senso della maternità e alla profondità del femminile. Sono madri, mogli, figlie e vedove delle vittime (quasi ormai 400 tra gli operai, ma a decine anche nella popolazione, tra coloro che non hanno mai lavorato alla Fibronit) a consentire – attraverso la loro testimonianza di vita capace di evocare una grande stagione di energia, amore, pietà e speranza – di risalire alle tante verità inconfessate e crudeli che appartengono agli uomini della fabbrica dell’amianto. Sarà una donna, dopo dieci anni di rivendicazioni, delusioni, tradimenti, tentativi di corruzione, sequestri e processi penali, a riuscire finalmente nel compito di riscattare le attese frustrate dei protagonisti e portare a compimento l’iter per la  bonifica. Un traguardo raggiunto dolorosamente, con decine di vittime lasciate colpevolmente per strada e consegnate alla memoria, di altre che purtroppo rimarranno coinvolte dagli effetti patologici dell’amianto per  cui si chiede alle Istituzioni  che si facciano carico  della ricerca di una cura del   mesotelioma, anche  per evidenziare  la possibilità della costruzione di un nuovo senso di comunità.

Il libro verrà presentato dall’Autore il giorno 11 Dicembre 2013 alle ore 18 presso l’aula consiliare del Comune  sita in Corso Vittorio Emanule II a Bari.

 

  

 

 

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